Il nome di Massimo Giuseppe Bossetti è ormai inscritto nei registri della cronaca nera italiana come il presunto assassino di Yara Gambirasio, la giovane ginnasta tredicenne scomparsa nel 2010.
Prima dell’arresto, era uno sconosciuto: un uomo semplice, muratore di professione, marito e padre apparentemente devoto. Ma la sua esistenza ordinaria si è trasformata bruscamente in un incubo mediatico e giudiziario il 16 giugno 2014, quando venne arrestato con l’accusa di essere l’autore di uno dei crimini più discussi del nostro tempo.
Una vita normale prima del baratro
Nato il 28 ottobre 1970, gemello di Laura Letizia Bossetti, Massimo viveva a Mapello, un comune in provincia di Bergamo. Conduceva una vita scandita dai ritmi del lavoro in cantiere e dalla routine familiare. La sua figura sembrava ricalcare l’identikit dell’italiano medio: riservato, dedito al lavoro, padre di tre figli e marito di Marita Comi, che ancora oggi gli è accanto.
Tutto cambiò quando gli inquirenti, attraverso un’indagine genetica mai vista prima in Italia, identificarono in lui il famigerato “Ignoto 1”, il DNA ritrovato sugli indumenti di Yara. Quel codice genetico, raccolto dopo mesi di investigazioni e confronti incrociati, ha messo in discussione la narrazione della sua normalità.
Il caso Yara: il DNA che ha sconvolto una famiglia
La scomparsa di Yara Gambirasio il 26 novembre 2010 sconvolse un intero Paese. Il suo corpo venne ritrovato tre mesi dopo in un campo isolato a Chignolo d’Isola, poco distante dal luogo della scomparsa. Le indagini si rivelarono complesse e di lunga durata. Al centro dell’inchiesta, il profilo genetico di un uomo sconosciuto, rinominato “Ignoto 1”.
La vera svolta arrivò quando quel DNA venne attribuito a Bossetti. Ma questa scoperta fece emergere anche una rivelazione scioccante: Massimo non era figlio biologico dell’uomo che lo aveva cresciuto, bensì di Giuseppe Guerinoni, un autista di autobus deceduto anni prima. Questo dettaglio non solo scosse la sua famiglia, ma contribuì ad alimentare il clamore mediatico attorno al caso.
Sua madre, Ester Arzuffi, ha sempre negato quel legame biologico, sostenendo persino di essere stata oggetto di una presunta inseminazione artificiale a sua insaputa. Un’affermazione estrema, che evidenzia quanto il caso abbia toccato corde profonde, anche sul piano identitario e familiare.
Un uomo, due volti: la psicologia di Bossetti
Chi è davvero Massimo Bossetti? I processi e le perizie psichiatriche hanno dipinto un quadro ben più complesso di quello del semplice muratore. In aula è emerso come un uomo apparentemente freddo, distante, forse incapace di mostrare empatia. Alcuni esperti hanno suggerito la presenza di tratti narcisistici o di disturbi della personalità, pur senza diagnosi ufficiali.
Curioso è anche l’aspetto esteriore: sopracciglia curate, pizzo disegnato, pelle abbronzata dalle lampade solari che frequentava di nascosto, per non discutere con la moglie. Un’attenzione quasi ossessiva per l’aspetto fisico che stride con l’immagine del lavoratore umile, alimentando il mistero su chi fosse davvero.
Mentre alcuni lo dipingono come un manipolatore lucido, capace di ingannare chiunque, altri lo vedono come un uomo comune, finito nel posto sbagliato al momento sbagliato. Le opinioni sono ancora oggi divise, e la sua figura continua ad alimentare dibattiti nei talk show e sui social.
La quotidianità dietro le sbarre
Oggi Massimo Bossetti è detenuto nel carcere di Bollate, uno degli istituti più “riabilitativi” d’Italia. Qui ha tentato di costruire una nuova forma di equilibrio. Lavora per un’azienda che produce macchine da caffè industriali e partecipa con entusiasmo a diverse attività interne, tra cui concorsi culinari e letterari.
Ha raccontato di aver trovato un senso di pace proprio nella routine carceraria: “Qui riesco a cucinare, a scrivere, a partecipare. Cose che a casa, con il lavoro e gli impegni, non riuscivo a fare”. In uno di questi eventi, ha proposto la sua ricetta personale: “Sgranella alle noci con mele e limone”, simbolo di un’esistenza che cerca ancora una forma di espressione, nonostante le sbarre.
Una famiglia che non si arrende
La moglie Marita e i suoi tre figli, ormai adolescenti o prossimi alla maggiore età, non hanno mai smesso di credere nella sua innocenza. Restano in contatto con lui, lo sostengono e partecipano, seppur con discrezione, alla sua battaglia legale per ottenere una revisione del processo. Anche la madre Ester continua a sostenere con forza la tesi dell’errore giudiziario.
Eppure, per una larga parte dell’opinione pubblica, la sua colpevolezza è fuori discussione. Il mistero della sua personalità e la forza delle prove genetiche raccolte in aula sembrano aver tracciato un verdetto che va ben oltre la sentenza formale.
Bossetti: colpevole o vittima?
Il caso Bossetti rappresenta uno dei momenti più controversi e discussi della giustizia italiana recente. La sua figura continua a generare interrogativi: è un assassino lucido o un uomo ingiustamente condannato? Un enigma che ancora oggi divide esperti, opinionisti e cittadini comuni.
Ciò che è certo è che la tragedia di Yara ha lasciato ferite profonde in una comunità e in un Paese intero, e la vicenda di Massimo Bossetti resta, ancora oggi, una storia non del tutto chiusa.