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Luciano Benetton compie 90 anni tra restauri e kamut, ma tace su crollo Morandi e crisi familiare

Luciano Benetton compie 90 anni tra restauri e kamut, ma tace su crollo Morandi e crisi familiare

Il 13 maggio 2025 Luciano Benetton, fondatore dell’omonimo marchio, ha compiuto 90 anni. In occasione del prestigioso traguardo, il noto imprenditore è stato protagonista di una lunga intervista pubblicata dalla testata del Nordest, in cui ha ripercorso la sua vita, i successi dell’azienda di famiglia e ha condiviso le sue riflessioni sull’attualità, dall’Europa a Donald Trump, fino alla visione di un’Africa come continente del futuro. Benetton, figura chiave nel panorama economico e culturale italiano, ha anche espresso opinioni decise su temi come la fine della moda, le armi e l’importanza del restauro.

Una vita tra colori, impresa e famiglia

Nel Nord Est produttivo, la figura di Luciano Benetton è celebrata come quella di un vero patriarca. “Luciano è il primogenito, la sorella Giuliana è di due anni più giovane. Gilberto e Carlo non ci sono più,” ricorda l’articolo, sottolineando l’impronta familiare che ha reso unico il modello Benetton. Il brand, simbolo globale della moda democratica e della comunicazione provocatoria, ha lasciato un segno indelebile grazie anche alla sua iconica palette di maglioni colorati.

Nonostante il tono celebrativo, Benetton sceglie consapevolmente di non soffermarsi sulle ombre recenti: evita di parlare della crisi che ha colpito l’azienda tessile che porta il suo cognome (il ritorno al pareggio è previsto ora per il 2026, con un anno d’anticipo) e delle polemiche ancora vive attorno alla tragedia del Ponte Morandi. Temi delicati che preferisce lasciare fuori dall’intervista: una scelta precisa, evidenziata dalla testata stessa.

Una delle storiche campagne pubblicitarie

Un presente fatto di routine, archivi e verdure

Luciano Benetton oggi è un uomo sereno, immerso in una quotidianità semplice e riflessiva. Ama il restauro – “Mi è sempre piaciuto occuparmi di restauri, restituire nuova vita a spazi vissuti” – e si dedica alla cura dell’archivio storico dell’azienda per “consegnare storie e documenti alla memoria delle nuove generazioni”.

A 90 anni, la tecnologia lo lascia indifferente: “Non ho il cellulare, non mi interesso di lavoro, non ho nostalgia né rimpianti, la storia parla.” La giornata tipo del fondatore Benetton è scandita da riti semplici: una colazione abbondante, un po’ d’ufficio alle nove, pranzi contenuti e un regime alimentare attento. “Ho un orto bellissimo, vado matto per le verdure, mangio poca carne e mi tengo lontano dal frumento: preferisco farro, kamut, riso.” Anche le serate in osteria con gli amici di sempre si sono trasformate in pranzi “per non fare tardi”.

Africa, Europa e la fine della moda: il pensiero di Luciano Benetton

Nonostante uno stile di vita appartato, Luciano Benetton osserva con lucidità il mondo che cambia. Se dovesse indicare il luogo del futuro, non avrebbe dubbi: l’Africa. “È un continente giovane, tumultuoso, pieno di ragazzi. E il mondo appartiene ai giovani. I cinesi sono già lì, noi stiamo arrivando dopo.”

L’Europa, invece, viene criticata con fermezza: “Si sta adagiando sui privilegi, preferisce non rischiare.” Una lettura severa ma coerente con il suo approccio sempre diretto e pragmatico.

Poi, una riflessione che farà discutere: “La moda è finita.” Secondo Benetton, le sfilate del lusso propongono abiti “non indossabili”, e l’industria guadagna solo grazie a accessori e prodotti brandizzati, non più con i vestiti veri e propri.

Trump, la guerra e le armi come vestiti

L’intervista si conclude toccando argomenti caldi come la politica internazionale e il tema dei conflitti. Interrogato su Donald Trump, Benetton ammette: “Ero preparato perché riducesse le guerre, invece non mi pare abbia trovato la ricetta giusta. Attendiamo che giochi le sue carte migliori.”

L’imprenditore confessa anche una certa avversione per i conflitti: “Le guerre sono una perdita di tempo, io di solito mi sottraggo e saluto cordialmente.” Ma la sua analisi sulle motivazioni dei conflitti è tanto cinica quanto lucida: “Penso che tra le cause ci sia anche la necessità di svuotare i magazzini di armi che rischiavano di diventare obsolete. Le armi sono come i vestiti: se non le usi, passano di moda.”