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Professoressa su OnlyFans licenziata: quando il corpo femminile è ancora un tabù

Professoressa su OnlyFans licenziata: quando il corpo femminile è ancora un tabù

Elena Maraga è un’insegnante della scuola dell’infanzia di Treviso, appassionata di bodybuilding, che ha trovato in OnlyFans un modo per arrotondare uno stipendio considerato da molti insufficiente. Il suo obiettivo?

Mantenere la propria indipendenza economica in un contesto lavorativo spesso ingeneroso verso le figure femminili. Ma la sua scelta ha scatenato uno tsunami morale: la scuola cattolica presso cui lavorava l’ha licenziata per aver, a loro dire, minato il rapporto di fiducia. La sua colpa? Aver mostrato il proprio corpo in una piattaforma a pagamento.

Cosa ci dice davvero questo licenziamento?

La vicenda non ruota semplicemente attorno a un contratto lavorativo interrotto, ma porta alla luce una dinamica sociale ben più profonda e pervasiva: il controllo che la società esercita sul corpo delle donne. Mentre uomini con fisici scolpiti vengono esaltati come modelli di bellezza e successo, le donne che scelgono consapevolmente di mostrare il proprio corpo vengono stigmatizzate, giudicate e punite.

Due pesi, due misure: Pietro Boselli e Roberto Di Muro

Pietro Boselli, professore e modello su GQ

Perché un uomo che espone il proprio corpo è fonte di ammirazione, mentre una donna che fa lo stesso viene emarginata? Prendiamo due esempi noti: Pietro Boselli, ex professore universitario di matematica e modello, noto per il suo fisico da copertina, e Roberto Di Muro, insegnante e bodybuilder, apprezzato anche dai suoi studenti. Nessuno ha mai messo in discussione la loro professionalità. Nessuno ha sollevato dubbi morali sulla loro esposizione fisica. Al contrario: sono diventati volti mediatici, esempi da imitare.

Roberto Di Muro, il professore e bodybuilder (foto Corriere)

Il corpo femminile è ancora un tabù?

Il trattamento riservato a Elena Maraga ci impone una riflessione scomoda: nel 2025, è ancora inaccettabile per una donna esercitare il pieno controllo sul proprio corpo? La società continua a reagire con fastidio, sospetto o aperta condanna ogni volta che una donna trasforma il proprio aspetto in una risorsa, un mezzo di autodeterminazione economica e personale. Invece di riconoscere l’autonomia, si scivola rapidamente nel giudizio morale, nella condanna e nell’esclusione.

OnlyFans e lo stigma di genere

È importante chiarire che OnlyFans è una piattaforma legale, regolamentata e usata da milioni di persone nel mondo. Alcune vendono contenuti artistici, altri fitness, molti contenuti sensuali. Ma se un uomo mostra il proprio corpo per guadagnare è “intraprendente”. Se una donna fa lo stesso, diventa automaticamente “scandalosa” o “indegna”. Questo non è solo un problema di percezione, ma di struttura culturale che ancora punisce la libertà femminile.

Perché le donne vengono punite per ciò che agli uomini è concesso?

Nel caso Maraga, il problema non è il contenuto in sé, ma chi lo produce. Se a spogliarsi è un uomo, la sua scelta viene interpretata come manifestazione di forza, carisma o sicurezza. Se invece è una donna, la sua decisione viene immediatamente filtrata attraverso il prisma della moralità, come se il suo corpo non potesse mai essere solo “suo”, ma sempre un oggetto da giudicare, controllare, punire.

L’insegnante e bodybuilder Elena Maraga

Il corpo come potere o come prigione?

Elena Maraga ha scelto di monetizzare il suo corpo non per provocare, ma per necessità economica. Ha agito nel rispetto della legalità e senza compromettere il proprio ruolo educativo. Eppure, il messaggio che passa è chiaro: una donna non può essere libera di usare il proprio corpo per emanciparsi. Perché la libertà femminile, quando si manifesta apertamente, spaventa.

Dove sono le voci femministe?

Sorprendentemente, di fronte a casi come questo, le grandi voci del femminismo mainstream restano spesso silenziose. Forse perché la figura di una donna che mostra il corpo per scelta non si adatta alle narrative più tradizionali del “politicamente corretto”. Eppure, è proprio in queste situazioni che servirebbe una difesa collettiva dei diritti individuali e della libertà di autodeterminazione.

Il caso Elena Maraga non è un’eccezione, ma un esempio lampante della distanza che ancora ci separa da una reale parità. Finché il corpo femminile sarà visto come un territorio da controllare e giudicare, e quello maschile come uno strumento di successo e potere, continueremo a vivere in una società che discrimina e reprime. E a pagare il prezzo saranno sempre le donne che osano essere libere.