Potrebbe esserci un clamoroso colpo di scena nel delitto di Garlasco. Secondo un’inchiesta esclusiva pubblicata dal settimanale Giallo, diretto da Albina Perri, nuove prove e ben 280 messaggi inediti potrebbero riscrivere la verità sul caso. Tra i messaggi al vaglio della Procura di Pavia, uno in particolare colpisce: “Mi sa che abbiamo incastrato Stasi”. A scriverlo sarebbe stata Paola Cappa, cugina gemella di Stefania e parente stretta della vittima, Chiara Poggi.
Questa rivelazione getta nuove ombre sulla condanna definitiva inflitta ad Alberto Stasi, reo confesso secondo la giustizia ma sempre dichiaratosi innocente. I messaggi, indirizzati a un conoscente di Milano, sollevano dubbi sulla solidità dell’intero impianto accusatorio che portò, dopo due assoluzioni, alla condanna a 16 anni per l’omicidio dell’allora fidanzata.
Le gemelle Cappa: nuove indagini e indizi trascurati
La riapertura del caso ha riportato al centro Stefania e Paola Cappa, cugine di primo grado di Chiara. Inizialmente ascoltate dagli inquirenti nel 2007, le due sorelle avevano dichiarato di essere rimaste a casa la mattina del delitto, con Stefania che raccontò di essere andata in piscina attorno a mezzogiorno. Ma ora, nuove testimonianze e vecchie dichiarazioni mai approfondite rimettono tutto in discussione.
Un supertestimone anonimo avrebbe affermato di aver visto Stefania nei pressi della casa dei Poggi, in un orario incompatibile con la sua versione. Allo stesso modo, torna alla luce la testimonianza di Marco Muschitta, operaio che nel 2007 dichiarò di aver visto una ragazza bionda in bicicletta e un Suv scuro vicino a via Pascoli, salvo poi ritrattare tutto. Tuttavia, in un’intercettazione privata, confessò al padre: “Mi hanno chiesto di ritrattare”.
Sospetti su un Suv scuro e una bicicletta nera: le anomalie mai approfondite
L’auto scura segnalata da Muschitta venne vista anche da Vignati, commerciante locale, che dichiarò alla polizia di aver notato la madre delle gemelle passare tra le 8 e le 8.30 davanti al suo negozio. Ma, stranamente, nessuna bicicletta fu sequestrata e nessuna verifica fu fatta sulla possibile compatibilità con quella segnalata sul luogo del delitto.
Anche gli oggetti lasciati dalle gemelle pochi giorni dopo davanti alla casa dei Poggi – un mazzo di fiori finti, un biglietto misterioso e una foto delle tre cugine vestite di rosso – sollevarono sospetti. La foto era un fotomontaggio: nella realtà, uno scatto simile non è mai esistito.
Social network e simboli inquietanti: i dettagli che tornano alla ribalta
Negli anni successivi al delitto, Paola Cappa pubblicò su Facebook una foto che suscitò scalpore: dei piedi con calze a quadretti accanto a un’impronta a pallini, simile a quella trovata sul pigiama di Chiara. Il post era accompagnato dalla frase “Buon compleanno sorellina”. Alcuni anni dopo, anche Stefania postò una storia Instagram in cui compariva un bambino circondato da biciclette e la parola “Fruttolo” – un riferimento diretto al Fruttolo trovato sulla scena del crimine, ora oggetto di nuove analisi biologiche.

Le intercettazioni familiari: frasi che fanno discutere
Ulteriori dubbi emergono da alcune intercettazioni telefoniche. In una conversazione con la nonna, Paola esprime disprezzo verso i genitori di Chiara: “Odio gli zii, non li sopporto più… ci hanno rotto i c…oni, basta!”. Parole forti, che si aggiungono a un quadro relazionale già teso e poco chiaro.
C’è anche la testimonianza dimenticata di Francesca, collega di Chiara, che parlò di una “festa in una villa con piscina” e di tensioni familiari. Secondo Francesca, una delle cugine soffriva di anoressia, e Chiara non si trovava a suo agio in certi ambienti mondani. Ma chi l’aveva invitata a quella festa? E cosa accadde davvero poche settimane prima del tragico 13 agosto 2007?
Il futuro del caso Garlasco: nuove analisi e la speranza di verità
La Procura di Pavia sembra finalmente intenzionata ad adottare l’approccio suggerito nel 2007 dall’allora comandante dei Carabinieri Franco Marchetto: indagare a 360 gradi, senza escludere alcun sospetto. Oggi, ogni dettaglio viene rivisitato: dai reperti agli oggetti in casa Poggi, dalle testimonianze ritrattate ai messaggi mai considerati.
La domanda che torna prepotente è: e se Alberto Stasi fosse davvero innocente? Gli indizi si moltiplicano, la verità si avvicina e l’Italia osserva. Dopo quasi due decenni, il caso Garlasco potrebbe cambiare volto.