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Marco Travaglio contro il toto-Conclave: "Spettacolo ridicolo tra giornalisti e finti teologi"

Marco Travaglio contro il toto-Conclave: “Spettacolo ridicolo tra giornalisti e finti teologi”

Mentre gran parte dell’opinione pubblica e dei media si mostra curiosa o entusiasta all’idea di conoscere il nome del successore di Papa Francesco, c’è una voce fuori dal coro: quella di Marco Travaglio, direttore del Fatto Quotidiano. Nell’editoriale pubblicato il 29 aprile, il giornalista torna a criticare apertamente l’atmosfera che circonda la preparazione al Conclave, che avrà inizio il 7 maggio.

Secondo Travaglio, ciò che si sta costruendo non è un momento spirituale di riflessione e scelta, ma un “circo mediatico” alimentato da talk show, analisti improvvisati, e polemiche ideologiche, più vicine al gossip politico che alla teologia.

“Dieci giorni di toto-Papa”: l’ironia sul circo dei media

Nel suo intervento, Travaglio definisce come una “jattura” la distanza temporale tra la morte del Papa e l’inizio effettivo del Conclave, perché lascia spazio a un’ondata di congetture mediatiche, previsioni infondate e speculazioni sterili.

“Questa cosa che il Conclave inizierà solo il 7 maggio è una vera jattura,” scrive Travaglio, “perché ci infliggerà almeno altri dieci giorni di toto-papa, di calcoli spannometrici sui voti di questo o quel cardinale, di oracoli sull’immancabile ‘Papa nero’ (brano dei Pitura Freska del 1997).”

La citazione al gruppo reggae veneziano è solo uno dei tanti elementi satirici con cui il giornalista denuncia il degrado dell’informazione, trasformata – a suo dire – in una giostra di cliché e fantasie da salotto televisivo.

Travaglio attacca stampa e politica: “Incompetenti alla ribalta”

Tra i principali bersagli della critica c’è la stampa generalista, accusata di trattare argomenti religiosi come se fossero cronaca politica da bar. Un errore che, secondo Travaglio, ha avuto il suo apice già nei giorni del lutto pontificio.

“Il malvezzo di affidare le cose di Chiesa a gente che non ne ha mai vista una e bivacca notte e giorno alla buvette di Montecitorio ha già fatto abbastanza ridere tra la morte e il funerale di Francesco.”

Una satira che colpisce anche la classe politica italiana, descritta come pronta a strumentalizzare ogni occasione, anche la morte di un Papa, per farsi notare in TV o per guadagnare consensi su Twitter e nei sondaggi.

25 aprile e funerali pontifici: “confusione simbolica imbarazzante”

Nel mirino di Travaglio finisce anche la sovrapposizione tra le celebrazioni del 25 aprile e le esequie pontificie. Il giornalista denuncia una confusione simbolica che ha visto cartelli partigiani esposti durante momenti sacri, e pellegrini accomunati a manifestanti per la libertà.

“Manifestanti confusi con i pellegrini e cartelli partigiani col faccione del caro estinto, manco avesse fatto la Resistenza a 17 anni in smartworking dall’Argentina.”

L’accostamento sarcastico tra Resistenza e la figura del Papa defunto viene usato per sottolineare quanto la comunicazione pubblica stia perdendo i riferimenti, generando accostamenti grotteschi.

Quando il Conclave diventa geopolitica: le accuse alla premier Meloni

Ma lo spettacolo mediatico, secondo Travaglio, non si esaurisce nei salotti TV o nei titoli dei giornali. Entra anche in campo la geopolitica, con retroscena che sembrano usciti da un romanzo di spionaggio vaticano.

“La Meloni deve dimostrare di aver propiziato lei – e non la diplomazia vaticana – il faccia a faccia Trump-Zelensky in San Pietro, ma lontano dai fotografi perché è una statista molto schiva.”

Il tono ironico dell’editorialista serve a mettere in discussione la narrazione politica, secondo cui ogni evento mondiale deve ricondursi a un merito nazionale. Travaglio insinua che la premier cerchi visibilità anche dove non dovrebbe esserci alcuna interferenza politica, come nel delicato equilibrio dei rapporti internazionali gestiti dalla diplomazia vaticana.

Il mito dell’“Occidente cristiano”: una nostalgia pericolosa?

Tra le osservazioni più taglienti, c’è la critica verso alcuni opinionisti – come Paolo Mieli e Giovanni Orsina – accusati di alimentare il sogno romantico di un “revival dell’Occidente cristiano”. Una narrazione che, secondo Travaglio, sorvola sulle responsabilità storiche di quell’Occidente che, in nome della religione o del liberalismo, ha spesso portato guerre, colonialismi e stragi.

“Il cosiddetto ‘Occidente cristiano’ è quello che ha seminato milioni di morti in giro per il mondo usando la religione e il liberalismo per fare stragi contro ‘imperi del male’ veri o presunti.”

Una riflessione che punta a scardinare l’uso ideologico della fede, usata in passato come alibi politico e oggi brandita per legittimare nostalgie che rischiano di oscurare il presente.

Lo Spirito Santo come ultima speranza (ironica)

In chiusura, come spesso accade nei suoi editoriali, Travaglio si affida a una battuta amara che racchiude l’intero spirito della sua riflessione. Di fronte al teatrino mediatico-politico che ha preso il posto del raccoglimento e della spiritualità, non resta che appellarsi… al cielo:

“Spirito Santo, pensaci tu.”

Un invito ironico, ma eloquente, che evidenzia il disincanto di chi osserva da tempo i meccanismi della comunicazione pubblica italiana, sempre più votata allo spettacolo e sempre meno alla sostanza.