Il termine “bimbominkia”, spesso utilizzato nel linguaggio comune per indicare un atteggiamento considerato infantile o sopra le righe, è finito al centro di una causa legale tra due volti noti del mondo dello spettacolo italiano: Selvaggia Lucarelli e Fedez. Il procedimento, nato da una querela per diffamazione presentata dal cantante, si è recentemente concluso con un colpo di scena: il giudice del Tribunale di Milano ha assolto completamente la giornalista, stabilendo che il termine usato non costituisce reato.
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Tutto ha avuto inizio da una storia pubblicata da Lucarelli su Instagram, dove, nel commentare il litigio tra Fedez e Luis Sal – ex socio del podcast “Muschio Selvaggio” – aveva definito il rapper con l’epiteto “bimbominkia”. Un’espressione colorita, certo, ma che secondo la giornalista racchiudeva una nota di ironia più che un intento offensivo.
La querela di Fedez mirava a far valere la propria reputazione pubblica, sostenendo che l’appellativo fosse lesivo della sua immagine. Tuttavia, per il giudice, le cose sono andate diversamente.
“Bimbominkia” è un termine satirico: la sentenza che assolve Lucarelli
Secondo quanto emerso dalle motivazioni della sentenza, il termine contestato non solo è stato considerato satirico e legittimo, ma addirittura insostituibile nel contesto specifico in cui è stato utilizzato. Per il magistrato, non esiste un’espressione più efficace per sintetizzare, con toni ironici e critici, l’atteggiamento mostrato da Fedez durante la discussa rottura professionale con Luis Sal.
Il passaggio della sentenza è chiaro:
“Il termine è privo di qualsiasi equivalente adeguato: non solo perché l’unico in grado di esprimere sinteticamente il ritenuto infantilismo manifestato in comportamenti assunti nel web e nella gestione del podcast con Luis Sal, ma soprattutto perché insostituibile nell’evocare la canzone con milioni di ascolti (…) in cui è lo stesso Fedez a definirsi ‘bimbominkia per sempre’.”
Il giudice ha inoltre ricordato che Fedez stesso ha adottato l’etichetta nella propria produzione musicale, e proprio questo ha contribuito a privare il termine di una valenza puramente offensiva. Al contrario, secondo la valutazione del tribunale, la parola si inserisce nel legittimo esercizio del diritto di satira, che rientra nella libertà di espressione garantita a ogni cittadino, inclusi i giornalisti.
Nell’ambito della comunicazione mediatica, specialmente sui social, i toni possono diventare pungenti, ma ciò non significa automaticamente diffamatori. Per il giudice, l’intervento di Lucarelli è stato sì ironico, ma privo di malizia, tanto più perché legato a una vicenda diventata pubblica per volontà degli stessi protagonisti, che hanno scelto di esporsi attraverso piattaforme e contenuti social.
Il giudizio sulla vicenda tra Fedez e Luis Sal: “Scelta comunicativa per monetizzare”
Un ulteriore punto trattato nella sentenza riguarda proprio il conflitto tra Fedez e Luis Sal. Secondo il magistrato, si è trattato di un contrasto originariamente privato, legato alla gestione del podcast “Muschio Selvaggio”, che però è stato volontariamente reso pubblico dai due soci. Questo ha trasformato la lite personale in uno spettacolo mediatico, al fine di alimentare l’interesse del pubblico e aumentare le interazioni online.
In quest’ottica, il giudice sottolinea che la scelta di esporre i dettagli del loro rapporto deteriorato era “finalizzata a ottenere visibilità e ritorno economico”, aprendo così la porta a eventuali critiche o interpretazioni satiriche. Pertanto, Selvaggia Lucarelli non ha fatto altro che esprimere un’opinione in un contesto ormai pienamente pubblico, legittimando il suo diritto a commentare in modo pungente.
La sentenza, che ora fa discutere, rappresenta un precedente importante per tutti coloro che operano nel mondo della comunicazione online, riaffermando i confini tra diffamazione e libertà di espressione, e ribadendo che l’ironia, se inserita nel giusto contesto, può essere perfettamente legittima, anche quando fa discutere.