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Ha sciolto un bambino nell’acido e fatto saltare Falcone: perché Giovanni Brusca è libero, secondo la legge

Ha sciolto un bambino nell’acido e fatto saltare Falcone: perché Giovanni Brusca è libero, secondo la legge

Giovanni Brusca, boss mafioso di San Giuseppe Jato e uno dei più feroci esponenti di Cosa Nostra, è tornato in libertà.

L’uomo che il 23 maggio 1992 ha premuto il telecomando che fece saltare in aria l’autostrada nei pressi di Capaci, uccidendo il giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e tre agenti della scorta, oggi è libero. La legge prevede questa possibilità per i collaboratori di giustizia, ma l’opinione pubblica è profondamente spaccata. Brusca vivrà lontano dalla Sicilia e con una nuova identità.

Durante la sua lunga carriera criminale, Brusca ha confessato oltre 150 omicidi. Tra questi, il sequestro, l’uccisione e lo scioglimento nell’acido del piccolo Giuseppe Di Matteo, figlio di un pentito. Un crimine che ha segnato per sempre la memoria collettiva italiana.

Il sopravvissuto Costanza: “Le sue vittime sono sottoterra per sempre”

La reazione del Paese alla notizia della scarcerazione è stata di profondo sdegno. Tra i primi a commentare, Giuseppe Costanza, autista di Falcone e unico sopravvissuto dell’auto su cui viaggiava il magistrato: “Mentre lui torna libero, le sue vittime restano sottoterra. Per sempre”.

Costanza, come molti altri familiari delle vittime, non riesce a comprendere come un uomo che ha disseminato morte e terrore possa tornare a condurre una vita normale.

Il racconto della strage di Capaci: un sabato pomeriggio che ha cambiato l’Italia

Sono passati 33 anni da quel tragico pomeriggio del 23 maggio 1992. Erano le 17:58 quando un tratto dell’autostrada A29, vicino Capaci, fu sventrato da un’esplosione che scosse l’intero Paese. Tre auto blindate correvano a tutta velocità: nella Croma centrale viaggiavano Giovanni Falcone, alla guida, e la moglie Francesca Morvillo sul sedile del passeggero. Dietro di loro l’autista Giuseppe Costanza. La prima auto fu completamente distrutta; a bordo c’erano gli agenti Antonio Montinaro, Vito Schifani e Rocco Dicillo, uccisi sul colpo.

A circa 400 metri di distanza, nascosti su una collinetta, c’erano tre uomini della mafia. Uno di loro, Giovanni Brusca, azionò il telecomando che fece esplodere oltre 500 kg di esplosivo piazzato sotto il manto stradale. Fu l’inizio di una stagione di sangue che avrebbe visto anche l’assassinio di Paolo Borsellino, appena due mesi dopo.

Le reazioni: Maria Falcone e Tina Montinaro parlano alla nazione

Maria Falcone, sorella del giudice ucciso, ha commentato amaramente la notizia della libertà di Brusca. Pur riconoscendo che la legge sui collaboratori di giustizia fu fortemente voluta proprio da suo fratello per combattere la mafia dall’interno, ha espresso dolore e amarezza: “Questa è la legge, ma il dolore rimane. La collaborazione di Brusca ha avuto un impatto importante, ma non è stata completa. Restano zone d’ombra, soprattutto sui suoi beni, che vanno ancora indagate”.

Tina Montinaro, moglie del caposcorta Antonio, è ancora più dura: “Non è giustizia. Non per noi familiari. Brusca non doveva tornare libero. Mi aspetto che la città di Palermo reagisca. Se davvero è cambiata”.

Il “pentimento” di Brusca: realtà o strategia?

Brusca è stato arrestato nel 1996 dopo anni di latitanza. All’inizio simulò un pentimento, ma poi decise di collaborare realmente con la magistratura. La sua testimonianza fu cruciale per smantellare intere reti mafiose e per permettere alla giustizia di sequestrare milioni di euro di beni illeciti. Tuttavia, molti ritengono che il suo contributo non sia mai stato totale.

Ancora oggi, infatti, non tutto è stato chiarito: dove sono finiti i beni che possedeva? Chi lo ha protetto nei lunghi anni di latitanza? Domande aperte che rendono la sua scarcerazione ancora più difficile da accettare.

Legalità e giustizia non sempre coincidono

Il caso Giovanni Brusca apre una ferita profonda nella società italiana. La legge consente il reinserimento dei collaboratori di giustizia che abbiano fornito un apporto significativo allo Stato, ma resta una frattura etica e morale. Brusca è tornato a essere un uomo libero, ma per molte delle sue vittime e dei loro cari, la condanna non finirà mai. Una libertà che scuote le coscienze, e che pone la domanda: quando la giustizia è legge, ma non è giusta?

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