Google, tra Riduzioni di Personale e sanzione UE: cosa sta accadendo a Big G

Il 2024 ha segnato l’avvio di una nuova fase di riduzioni del personale nel panorama dell’Information Technology.

Dopo Amazon, che ha dichiarato la separazione da centinaia di dipendenti di Prime Video e MGM Studios tramite una comunicazione firmata da Mike Hopkins, anche Google sembra adottare una strategia di contenimento in questo primo periodo dell’anno.

I tagli in Google

Mentre BIG G stava perseguendo una strategia di investimenti oculati nelle principali priorità aziendali e nelle opportunità significative che si presentano, leggi Intelligenza Artificiale (IA), è stato annunciato il licenziamento di 12.000 dipendenti di Alphabet, la casa madre di Google, nella seconda metà del 2023.

Sebbene la seconda ondata di licenziamenti sia stata ufficiosamente attribuita all’introduzione di nuovi strumenti basati sull’IA, che richiedono minori risorse, ufficialmente è stata dichiarata come una ristrutturazione di alcune Business Unit. I tagli hanno coinvolto anche i cofondatori di Fitbit, James Park ed Eric Friedman.

Google sta concentrando i propri sforzi sullo sviluppo dell’IA per riconquistare terreno, soprattutto nel settore di ChatGPT.

Pochi momenti fa, inoltre, Microsoft ha superato Apple come la società più valutata a Wall Street, con un investimento di 13 miliardi di dollari in OpenAI. I problemi per Google, tuttavia, non sembrano fermarsi qui.

La disputa tra Google, Alphabet e la Commissione Europea (Google Shopping) Sentenza del 2017

Il 27 giugno 2017, la Commissione Europea ha concluso che Google avrebbe privilegiato, nella pagina dei risultati di ricerca generale, i risultati del proprio comparatore di prodotti rispetto a quelli dei concorrenti. Google posizionava i risultati del suo comparatore di prodotti in cima alla pagina, in modo evidente con grafiche e testi accattivanti nelle cosiddette Shopping Units.

Al contrario, i risultati di ricerca dei comparatori di prodotti concorrenti apparivano in una posizione meno favorevole, sotto forma di link blu.

Questo comportava che gli utenti cliccassero più frequentemente sui risultati del comparatore di prodotti di Google rispetto a quelli dei concorrenti, con conseguente deviazione del traffico proveniente dalla pagina dei risultati generici di Google.

Ciò non dipendeva da una migliore qualità del servizio di comparazione di prodotti di Google, ma risultava dall’autofavoritismo e dall’effetto leva sulla pagina dei risultati generici di Google, sfruttando così la sua posizione dominante nel mercato dei servizi di ricerca generale su Internet.

I comparatori di prodotti concorrenti dipendevano dal traffico proveniente dalla pagina dei risultati generici di Google per avere successo commerciale e rimanere all’interno del mercato dei servizi di ricerca specializzata di prodotti. Conclusioni e sanzione

La Commissione ha stabilito che Google aveva abusato della sua posizione dominante nei mercati della ricerca generale su Internet e della ricerca specializzata di prodotti. Per questa ragione, è stata inflitta un’ammenda di 2.424.495.000 euro, di cui 523.518.000 euro in solidarietà con Alphabet, la sua azionista unica.

Google e Alphabet hanno impugnato la decisione della Commissione presso il Tribunale dell’Unione Europea. Con sentenza del 10 novembre 2021, il Tribunale ha essenzialmente respinto il ricorso e, in particolare, ha confermato l’ammenda.

Tuttavia, il Tribunale ha ritenuto che non fossero dimostrati gli effetti anticoncorrenziali, neanche potenziali, del comportamento di Google nel mercato dei servizi di ricerca generale.

Di conseguenza, è stata annullata la parte della decisione in cui la Commissione aveva constatato una violazione del divieto di abuso di posizione dominante, anche in relazione a tale mercato.

Google e Alphabet hanno quindi presentato un’impugnazione alla Corte, chiedendo l’annullamento della sentenza del Tribunale nella parte in cui aveva respinto il loro ricorso e l’annullamento della decisione della Commissione.

Gli eventi più recenti

L’avvocato generale Juliane Kokott ha suggerito alla Corte di respingere l’impugnazione e, di conseguenza, di ratificare l’ammenda inflitta a Google.

Il favoreggiamento contestato a Google rappresenta, secondo l’avvocato generale, una forma indipendente di abuso derivante dall’applicazione di condizioni ingiuste di accesso ai comparatori di prodotti concorrenti, purché ciò comporti effetti anticoncorrenziali almeno potenziali, come affermato dalla Commissione nella controversia sotto forma di esclusioni nel mercato dei servizi di ricerca specializzata di prodotti.

A una simile forma di abuso non si applicherebbero i rigidi criteri diretti al riconoscimento di un abuso attraverso il rifiuto di fornire l’accesso a un “servizio essenziale”, i cosiddetti criteri Bronner.

La Commissione e il Tribunale hanno correttamente dichiarato che la disparità di trattamento dei concorrenti mediante l’autofavoritismo era attuata da Google sfruttando un effetto leva, che consisteva nell’approfittare della propria posizione dominante nel mercato dei servizi di ricerca generale su Internet per ottenere vantaggi concorrenziali nel mercato successivo dei servizi di ricerca specializzata di prodotti, su cui non deteneva ancora tale posizione.

È essenziale tenere presente che le conclusioni dell’avvocato generale non sono vincolanti per la Corte di giustizia. Il ruolo dell’avvocato generale consiste nel proporre alla Corte, in piena indipendenza, una soluzione giuridica nella causa per la quale è stato designato. I giudici della Corte iniziano ora a deliberare in questa causa. La sentenza sarà emessa in una data successiva.

La vicenda in tappe

  • Nel 2010, l’Unione Europea avvia un’indagine su Google per presunto comportamento anticoncorrenziale sul motore di ricerca.
  • A giugno 2017, l’UE pubblica la sentenza su Google, accusandola di abuso di posizione dominante con il servizio Shopping e imponendole una multa di 2,4 miliardi di euro.
  • Ad agosto 2017, Google sembra intenzionarsi a conformarsi alla volontà dell’UE, con un portavoce che conferma la modifica di Shopping.
  • A settembre 2017, Google decide di appellarsi contro la multa.
  • Nel novembre 2021, Google perde l’appello su Shopping. Il Tribunale respinge il ricorso e conferma la multa da 2,4 miliardi di euro. Tuttavia, il Tribunale stesso “ritiene che non siano dimostrati gli effetti anticoncorrenziali, neanche potenziali, del comportamento di Google nel mercato dei servizi di ricerca generale”. Google decide di impugnare la decisione davanti alla Corte, chiedendo l’annullamento della sentenza del Tribunale con cui il ricorso è stato respinto.
  • A gennaio 2023, l’avvocato Juliane Kokott propone alla Corte di respingere l’impugnazione e di confermare la multa. La motivazione afferma: “Il favoreggiamento contestato a Google costituisce […] una forma autonoma di abuso derivante dall’applicazione di condizioni ingiuste di accesso ai compratori di prodotti concorrenti, purché ciò comporti effetti anticoncorrenziali almeno potenziali”.

Si tenga presente che l’opinione dell’avvocato generale non è vincolante per la Corte di giustizia. (Fonte: Corte di Giustizia europea).