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Emanuele De Maria, killer recidivo: come ha ottenuto un lavoro stabile dopo un omicidio brutale?

Emanuele De Maria, killer recidivo: come ha ottenuto un lavoro a tempo indeterminato dopo un omicidio brutale?

A Cinisello Balsamo si consuma l’ennesimo caso di femminicidio che scuote l’opinione pubblica e solleva interrogativi urgenti sulla prevenzione della violenza di genere e sull’efficacia dei percorsi riabilitativi. Chamila Wijesuriya, giovane madre, è stata brutalmente uccisa da Emanuele De Maria, il quale è stato ripreso dalle telecamere mentre si allontanava dal Parco Nord con la borsa della vittima. La tragica vicenda si è conclusa poche ore più tardi con il suicidio dell’uomo dal terrazzo del Duomo di Milano.

Le immagini di videosorveglianza: l’inizio della tragedia

Le telecamere installate in via Massimo Gorki documentano l’ultima camminata di Chamila ed Emanuele, intorno alle 15:13 di venerdì, sotto la pioggia battente. La donna si era allontanata dalla sua abitazione, dove viveva con il marito e il figlio. L’app installata sul cellulare della vittima registra l’ultima attività alle 15:30. Circa un’ora e mezza dopo, De Maria viene immortalato dalle telecamere della stazione metropolitana Bignami mentre porta a tracolla la pochette della donna.

I messaggi d’addio e la fuga

Prima di salire sul treno, De Maria chiama sua madre e la cognata utilizzando il telefono della vittima, pronunciando parole di pentimento: “Vi chiedo perdono, ho fatto una caz*ata”. Il cellulare verrà poi ritrovato in un cestino da un dipendente ATM, che lo sente squillare: era il marito di Chamila a cercarla disperatamente. Le indagini confermano che il numero della madre dell’aggressore era registrato nella rubrica del cellulare di Chamila, prova di una relazione sentimentale clandestina. De Maria rimane introvabile per alcune ore, senza lasciare tracce in alberghi o dormitori.

Tentato omicidio e suicidio dal Duomo

Alle 6:15 di sabato mattina, De Maria tenta di uccidere un collega, Hani Fouad Abdelghaffar Nasra, che avrebbe consigliato a Chamila di interrompere la relazione. Poi, alle 13:42, si suicida lanciandosi dalla terrazza del Duomo di Milano. Indossa ancora gli stessi abiti del giorno precedente. In tasca ha una foto della vittima strappata dalla carta d’identità e una ciocca dei suoi capelli.

Un passato violento: l’omicidio di Racheb Oumaima

Emanuele De Maria non è nuovo alla cronaca nera. Nel 2016 aveva accoltellato a morte la ventitreenne tunisina Racheb Oumaima. Dopo due anni di latitanza, fu arrestato in Germania. Giudicato con rito abbreviato, ottenne una pena ridotta a dodici anni. Durante la detenzione nelle carceri italiane, si è distinto come detenuto modello. A fine 2023, trova impiego all’hotel “Berna” di Milano, ottenendo un contratto a tempo indeterminato.

Riabilitazione fallita e responsabilità istituzionali

La vicenda solleva dubbi inquietanti sull’efficacia del sistema penitenziario e dei percorsi di reinserimento sociale. Era davvero pronto De Maria per essere assunto stabilmente? Chi ha autorizzato un uomo con precedenti penali per omicidio a lavorare in un contesto pubblico? Le indagini ora si concentrano sulla ricostruzione delle ultime ore di vita di Chamila nel Parco Nord e sulle eventuali responsabilità di chi ha sottovalutato i segnali d’allarme.

Violenza di genere e sicurezza: riflessione necessaria

Questo tragico femminicidio a Cinisello Balsamo non è solo la cronaca di un delitto efferato, ma il sintomo di un sistema che spesso fallisce nel proteggere le donne e nel monitorare efficacemente soggetti a rischio. Le parole chiave come femminicidio, violenza sulle donne, recidiva, videosorveglianza, prevenzione del crimine, omicidio a Cinisello Balsamo e suicidio al Duomo di Milano diventano strumenti per analizzare, capire e, si spera, prevenire.

La morte di Chamila Wijesuriya per mano di Emanuele De Maria rappresenta una sconfitta collettiva. Della giustizia, della società e delle istituzioni. Serve una risposta sistemica, concreta e immediata per evitare che altri casi simili possano ripetersi. La memoria di Chamila, e delle tante donne uccise ogni anno, deve essere l’impulso per un cambiamento reale nella lotta alla violenza di genere.