A quasi diciotto anni dal delitto di Garlasco, il caso Chiara Poggi torna prepotentemente al centro della cronaca grazie a un’esclusiva pubblicazione del settimanale Giallo, diretto da Albina Perri. Al centro dell’attenzione ci sono 280 messaggi scritti da Paola Cappa, una delle gemelle cugine di Chiara, che potrebbero rimettere in discussione l’intera narrazione giudiziaria degli ultimi anni.
Una frase su tutte ha fatto il giro del web e dei media:
“Mi sa che abbiamo incastrato Stasi.”
Un passaggio inquietante che, se confermato, getterebbe nuove ombre sulla condanna definitiva di Alberto Stasi, l’ex fidanzato della vittima, riconosciuto colpevole dell’omicidio ma da sempre al centro di interrogativi e controversie.
“Abbiamo incastrato Stasi”: il messaggio che scuote il caso Poggi
Il messaggio incriminato, contenuto tra i 280 pubblicati dal settimanale, sarebbe stato inviato da Paola Cappa a un amico, in un contesto privato di confidenze notturne. Secondo quanto riferito dalla direttrice Albina Perri, quel messaggio non sarebbe mai stato acquisito ufficialmente dalla Procura, nonostante la sua portata potenzialmente esplosiva.
Secondo la ricostruzione proposta dal settimanale, la frase sarebbe stata scritta in seguito a una presunta richiesta avanzata da un carabiniere: chiedere a Paola di avvicinare Stasi e “incastrarlo” in qualche modo. Un’ipotesi che, se confermata, solleverebbe gravi interrogativi sulla correttezza investigativa e sulla catena delle prove nel processo Stasi.
I video dimenticati e la scena dell’abbraccio in caserma
Tra i dettagli più controversi riemersi, c’è anche il racconto di un incontro avvenuto il 17 agosto 2007 nella caserma dei carabinieri tra Stefania Cappa (sorella gemella di Paola) e Alberto Stasi. Le immagini, registrate da una telecamera nascosta, mostrerebbero un lungo abbraccio tra i due. Stefania si lamenta: “Non mi lasciano stare”. E Alberto risponde: “Neanche a me. Pensano che sono uno stronzo.” Poi, un passaggio criptico e angosciante: “Com’era Chiara?” chiede lei. “Me lo stai chiedendo?” replica lui. “Ho come un flash. L’ho vista con qualcosa di bianco in faccia.”
Questi contenuti, mai depositati ufficialmente agli atti del processo, sembrano ora riemergere con nuova forza e potrebbero indurre la magistratura a rivalutare vecchi elementi investigativi.
DNA, disturbi psicologici e una verità che tarda ad arrivare
Nel frattempo, la Procura ha disposto test del DNA per Paola e Stefania Cappa, i cui campioni verranno comparati con tracce presenti tra i reperti già acquisiti a Garlasco. Un passaggio investigativo che sembra confermare la riapertura del fascicolo sotto una nuova luce, più ampia e meno vincolata alla sentenza definitiva contro Stasi.
Secondo la Perri, Paola Cappa all’epoca dei fatti viveva un momento di forte fragilità psicologica, segnato da disturbi alimentari, crisi nervose e addirittura un possibile tentato suicidio nei giorni successivi al delitto. “Non erano in equilibrio, quelle due ragazze”, commenta la giornalista.

Le Iene, prove non trasmesse e un possibile insabbiamento mediatico?
Un ulteriore elemento inquietante riguarda il presunto passaggio dei messaggi di Paola Cappa anche alla redazione del programma “Le Iene”, che tuttavia non avrebbe mai trasmesso il materiale. Non è chiaro il motivo, ma secondo Perri questo silenzio mediatico contribuì a oscurare informazioni che oggi potrebbero essere decisive.
Ritorno alle origini: anche Andrea Sempio di nuovo nel mirino
In parallelo, l’inchiesta si allarga anche al nome di Andrea Sempio, inizialmente sospettato e poi archiviato, ma recentemente tornato al centro delle attenzioni giudiziarie. L’ipotesi più clamorosa è che Sempio non abbia agito da solo, e che ci possa essere un concorso nell’omicidio, potenzialmente connesso proprio all’ambiente familiare e amicale di Chiara.
Albina Perri, nell’ultima intervista, conclude con parole pesanti:
“Credo che queste due piste, che a noi sembrano parallele, in realtà si incrocino. E che stiano riascoltando tutti, rivalutando tutto. Poi, che siano coinvolti uno, due, tre o tutti quanti insieme… lo vedremo.”
Un giallo ancora aperto: il caso Chiara Poggi non è chiuso
Nonostante la condanna definitiva di Alberto Stasi, il caso Chiara Poggi appare oggi tutt’altro che archiviato. Nuove prove, messaggi inediti, indagini parallele e nuove analisi del DNA restituiscono all’opinione pubblica un quadro ancora frammentario, ma in continuo movimento.
Quella frase — “Abbiamo incastrato Stasi” — rischia di essere il detonatore di una revisione profonda di tutta la verità giudiziaria costruita finora. La speranza, ora più che mai, è che emergano tutti i tasselli mancanti, affinché si possa finalmente fare piena luce sul delitto di Garlasco.