Durante un incontro pubblico promosso dal quotidiano Domani, a Elio Germano è stato chiesto di commentare le critiche ricevute dal ministro della Cultura, Giuli. La risposta dell’attore è stata chiara, civile e rappresenta un autentico esempio di consapevolezza democratica, incarnando pienamente il significato più profondo del termine “cultura”.
Germano ha esordito dicendo: «Lo scopo principale della propaganda è creare confusione. Una delle tattiche più comuni consiste nel personalizzare il confronto, attaccando figure singole: oggi tocca a me». Ha poi citato le parole con cui il ministro lo aveva definito, ovvero che “ciancio in solitudine”, e ha ribaltato l’accusa: «Ciò che mi ha colpito davvero è stata la sua “ciancia in solitudine”, quando ha parlato in modo così poco rispettoso del Quirinale».
L’attore ha proseguito sottolineando che se un ministro della Cultura ignora l’esistenza di un’emergenza sociale, come quella di chi è senza lavoro, allora è proprio lui a parlare nel vuoto, distaccato dalla realtà. «Se Elio Germano commette errori o appare distante, è legittimo criticarlo. Ma quando il titolare del dicastero culturale “ciancia in solitudine”, questo diventa un problema istituzionale», ha affermato con fermezza.
Germano ha poi precisato di non aver mai sostenuto alcun ministro della Cultura in particolare, anzi, di avere sempre mantenuto un atteggiamento critico verso chi ricopre incarichi pubblici. Tuttavia, l’attuale narrazione secondo cui il governo starebbe agendo in nome del patriottismo solo perché elimina i privilegi attribuiti alla sinistra è, secondo lui, profondamente allarmante.
Ha denunciato un processo in atto: l’occupazione dei ruoli decisionali da parte di persone selezionate non in base al merito o alle competenze, ma alla loro vicinanza ideologica. «Chi prende il potere oggi sembra voler spazzare via tutto ciò che c’era prima», ha detto, aggiungendo che il linguaggio stesso del ministro risulta più concentrato sull’apparenza che sulla sostanza.

Cinema fermo, lavoratori dimenticati
Germano ha puntato i riflettori sulla crisi del settore cinematografico, fermo da oltre un anno e mezzo. «C’è chi ha abbandonato il mestiere, chi piange, chi non sa come andare avanti», ha dichiarato. Secondo l’attore, le nuove direttive sui finanziamenti destinati al cinema impongono criteri inaccettabili: i fondi devono andare solo ai film che parlano positivamente di personaggi italiani. Una logica che ha definito “folle”, perché limita la libertà creativa e ideologica degli autori.
Critiche legittime, attacchi inaccettabili
Per Germano è del tutto normale che un cittadino possa contestare un esponente delle istituzioni. «Quello che inquieta», ha spiegato, «è che sia un politico a fare nome e cognome di un privato cittadino in pubblico». Un comportamento che, a suo avviso, può avere conseguenze pericolose. «In passato la mia immagine è stata usata come bersaglio su siti vicini alla Lega. Questo può indurre qualcuno a credersi autorizzato ad agire con violenza contro di me, solo perché ho espresso un’opinione».
Ribellarsi alla paura
Infine, Germano ha lanciato un messaggio forte: «Il potere usa la paura per mettere a tacere le voci scomode. Questo è un meccanismo ben noto. Ma noi non dobbiamo cedere, dobbiamo smettere di autocensurarci». E ha concluso: «È questo il vero esercizio democratico: continuare a parlare, anche quando ci fanno sentire che non possiamo. Non succede niente: questa è la democrazia».
Alla luce di un intervento tanto lucido e incisivo, chi ricopre incarichi pubblici dovrebbe almeno riflettere. Ma, come spesso accade, difficilmente qualcuno si assumerà le proprie responsabilità. E tutto, nelle televisioni pubbliche e private, verrà presto dimenticato.