Una nuova pagina di orrore si apre attorno al nome di Vasile Frumuzache, 32 anni, cittadino romeno e attualmente in stato di fermo per l’efferato omicidio di Maria Denisa Paun.
L’uomo ha confessato, durante un secondo interrogatorio tenutosi il 5 giugno, anche l’assassinio di Ana Maria Andrei, una sex worker scomparsa il 1° agosto 2024 a Montecatini Terme.
I resti della donna sono stati rinvenuti in un’area boscosa di Le Panteraie, a breve distanza da dove, solo ore prima, era stato scoperto il corpo decapitato di Denisa. Le analogie tra i due casi aprono all’ipotesi di un serial killer che ha agito seguendo uno schema inquietante.
La confessione in procura e la macabra mappa dei delitti
Frumuzache si è recato spontaneamente in procura a Pistoia, accompagnato dal suo legale Diego Capano. Durante l’interrogatorio ha fornito dettagli precisi sui luoghi in cui aveva nascosto i resti di Ana Maria, portando così gli inquirenti a recuperare il cadavere.
Le sue dichiarazioni sono arrivate dopo che, nel corso di una perquisizione nella sua abitazione di Monsummano Terme, era stata individuata un’auto riverniciata appartenente alla donna scomparsa.
Secondo quanto ricostruito, Frumuzache avrebbe prima tentato di strangolare Ana Maria e, non riuscendoci, l’avrebbe finita a coltellate. Non ha spiegato un movente chiaro per questo omicidio, a differenza di quanto dichiarato per Denisa, che avrebbe ucciso — secondo la sua versione — per sottrarsi a un presunto ricatto.
Uccise con lo stesso schema: escort straniere, boschi, crudeltà
Gli investigatori ritengono sempre più fondata l’ipotesi che Frumuzache possa essere un assassino seriale. Entrambe le donne erano escort, entrambe di origini straniere, scomparse nella stessa area geografica e uccise con modalità simili. La brutalità degli atti e la freddezza nell’occultare i corpi suggeriscono un profilo criminale che va ben oltre l’omicidio d’impeto.
Il killer ha addirittura condotto personalmente i carabinieri nei due luoghi distinti dove aveva nascosto i corpi, confermando la sua conoscenza del territorio e la premeditazione dietro le sue azioni. Un elemento rivelatore è stato l’utilizzo del telefono di una delle vittime per contattare l’altra, tracciabile grazie alle celle telefoniche: un passo falso che ha permesso di collegare i due casi.
Una doppia vita insospettabile: padre, marito e… assassino?
Il profilo di Vasile Frumuzache, fino a poche settimane fa, appariva quello di un uomo comune. Viveva stabilmente a Monsummano Terme dal 2022 con la moglie e i figli, lavorava come guardia giurata e aveva trascorsi in Sicilia, nella provincia di Trapani. Nessun precedente penale, nessun segnale di instabilità. Eppure, secondo le accuse, nella notte del 15 maggio avrebbe strangolato Denisa dopo un incontro sessuale in un residence di Prato, ne avrebbe decapitato il corpo, bruciato la testa nel proprio giardino e infine abbandonato il cadavere in un bosco.
Indagini aperte su possibili altre vittime
La Procura di Pistoia ha aperto un fascicolo più ampio: l’ipotesi è che possano emergere altre vittime. Gli investigatori stanno confrontando le denunce di scomparse registrate negli ultimi anni in tutta la Toscana, in particolare quelle riguardanti donne sole, straniere o coinvolte nel sex work.
Il duplice femminicidio ha scosso profondamente l’opinione pubblica e sollevato interrogativi sulla sicurezza e sulla protezione delle donne più vulnerabili, spesso invisibili per le istituzioni. La violenza subita da Denisa e Ana Maria diventa il simbolo di una marginalità che può trasformarsi in bersaglio.
Riflessioni su un caso che inquieta l’Italia
Mentre gli inquirenti cercano risposte e la magistratura prepara il processo, cresce il timore che la vicenda di Frumuzache sia solo l’inizio di un incubo più grande. La lucidità delle sue azioni, l’organizzazione con cui ha occultato i cadaveri e la freddezza dimostrata durante gli interrogatori lasciano intravedere un profilo psicologico disturbante, ancora tutto da indagare.
La speranza è che, grazie a questa svolta, possano emergere verità fino ad oggi sepolte. Ma resta la rabbia e il dolore per due vite strappate, e la necessità urgente di fare luce su un sistema che non tutela chi vive ai margini.