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Belve Crime, Corona accusa: “140 mila euro a Bossetti dalla Rai”

Bossetti a Belve Crime, lo scontro con Fagnani: «Il padre di Yara venne in cantiere»

Massimo Bossetti, condannato all’ergastolo per l’omicidio di Yara Gambirasio, è stato protagonista di una puntata di Belve Crime, lo spin-off giudiziario del programma di Francesca Fagnani. L’intervista ha messo in luce momenti di forte tensione, in particolare riguardo al controverso tema del DNA trovato sulla vittima, elemento chiave della sua condanna.

Il DNA al centro dello scontro

Durante l’intervista, Bossetti ha contestato con veemenza la validità della prova del DNA: «Chi lo dice che era il mio il DNA sugli slip di Yara?». Ha poi espresso stupore per l’apparizione del padre di Yara nel cantiere dove lavorava poco dopo la scomparsa della ragazza. Fagnani ha replicato chiedendo cosa ci fosse di anomalo in tale comportamento, ma Bossetti ha insistito sulla stranezza di un genitore che si reca al cantiere per osservarlo.

La conduttrice ha fermato Bossetti, sottolineando l’impossibilità di giudicare la reazione di un genitore in una situazione così drammatica. Ha poi ribadito che le analisi del DNA, effettuate più volte, hanno sempre confermato la presenza del suo profilo sugli slip e sui leggings di Yara. Bossetti ha etichettato la situazione come «assurda, anomala e incompresa», ma Fagnani ha prontamente specificato che ciò non vale «per la scienza né per la legge».

Bossetti ha cercato di differenziare tra DNA nucleare e mitocondriale: «Il DNA nucleare che normalmente si dovrebbe disperdere a poche settimane, invece era ancora presente». Fagnani ha confermato che era presente in quantità significative. Bossetti ha poi aggiunto che il DNA mitocondriale, che non si disperde, non è stato trovato. La giornalista ha chiarito che il DNA nucleare è quello che ha valore legale e forense per l’identificazione, concludendo: «E purtroppo per lei e pure per Yara c’era il suo». L’intervista si è chiusa su questo punto con la domanda di Fagnani: «Ma il suo DNA, come ci è finito sugli slip di Yara?», a cui Bossetti ha risposto: «È quello che vorrei capire anche io».

L’etichetta del “mostro” e la percezione di sé

Nonostante la condanna definitiva, Massimo Bossetti ha continuato a professarsi innocente. Alla domanda sul peso della condanna, ha risposto: «Non avendo commesso niente, non ho l’inferno dentro di me. Sto bene con me stesso. Mi sento addosso l’etichetta del mostro, come se fosse un tatuaggio stampato in testa che mi trascinerò per il resto dei miei giorni».

Fagnani ha ricordato come Bossetti sia stato spesso descritto durante le udienze come una figura ambigua, un uomo che celava un lato oscuro dietro un’apparente normalità. Bossetti ha respinto questa interpretazione: «Vengo percepito ancora come un enigma, vengo percepito così ma non lo sono». Riguardo alla sua tendenza a mentire, ha ammesso di averlo fatto in passato per questioni lavorative («dicevo che avevo un tumore al cervello perché non mi pagavano»), ma ha negato che questo abbia influito sulla condanna.

Il giorno dell’arresto e l’alibi contestato

Bossetti ha ripercorso il giorno del suo arresto, ricordando come la sua famiglia ne sia venuta a conoscenza in diretta televisiva. Ha descritto la reazione della moglie, accasciata a terra in lacrime, e i tentativi dei Carabinieri di tranquillizzarla. Ha ribadito di aver svolto le sue normali commissioni quel giorno e di essere tornato a casa per cena alle 19:30, come sempre.

Riguardo alla mancanza di un alibi solido per la sera del delitto, come contestato dagli inquirenti, Bossetti ha affermato di aver svolto diverse commissioni, inclusi incontri con suo fratello, il commercialista e il parrucchiere. Ha spiegato lo spegnimento del suo cellulare nelle ore cruciali dell’omicidio con la batteria scarica, sostenendo di caricarlo solo al mattino in cantiere. Nonostante i litigi con la moglie, che durante il processo non ricordava le sue attività precise quel giorno, Bossetti ha mantenuto la sua versione: «Quello è stato sempre un giorno normalissimo per me». Ha inoltre negato di avere “vuoti” di memoria riguardo a quel pomeriggio, definendolo «un giorno come un altro».

La scoperta dei tradimenti e il tentato suicidio

Infine, Massimo Bossetti ha rivelato un momento drammatico vissuto durante la detenzione: la scoperta dei tradimenti della moglie. Ha raccontato di essere stato trovato con la testa nel lavandino e una cintura al collo, salvato dall’intervento tempestivo delle guardie che lo hanno portato in infermeria. Ha ammesso di non aver pensato in quel momento alle conseguenze sui suoi figli: «Non ho pensato al dramma dei miei figli che potevano ritrovarsi senza un padre. Io non ricordo».

L’intervista si è conclusa con la domanda diretta di Francesca Fagnani: «Ma lei potrebbe mai confessare?». Bossetti ha risposto con fermezza: «Se fossi stato l’autore del delitto, lo avrei detto. Quindi la risposta è no».

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