Vasile Frumuzache, la guardia giurata romena di 32 anni che ha ammesso di aver ucciso la connazionale Maria Denisa Paun all’interno di un residence in via Ferrucci, e che ieri ha fatto ritrovare i resti di un’altra donna romena, Ana Maria Andrei, scomparsa a Montecatini il primo agosto 2024, è ora ricoverato all’ospedale di Prato a seguito di una violenta aggressione avvenuta nel carcere della Dogaia.
L’uomo ha riportato ustioni di primo e secondo grado dopo essere stato vittima di un attacco da parte di un altro detenuto, un parente di Ana Maria Andrei, che gli ha versato dell’olio bollente sul volto. La notizia è stata resa pubblica dalla procura, che ha immediatamente avviato un’inchiesta per chiarire quanto accaduto e verificare eventuali responsabilità legate alla sicurezza del carcere.
L’episodio si è verificato questa mattina, venerdì 6 aprile, intorno alle 10:30, nella cosiddetta “prima sezione” della Dogaia, dove Frumuzache era stato trasferito la sera precedente. Il cambio di sezione era stato reso necessario dopo che il suo primo ingresso nella “sezione speciale protetti” — l’area riservata ai detenuti definiti “sex offender” — era fallito a causa delle minacce ricevute dai detenuti romeni, con cui Frumuzache condivideva origini e nazionalità.
Durante le ore di “celle aperte”, il momento in cui i detenuti possono muoversi liberamente negli spazi comuni del carcere — una misura prevista dalla legge e frutto della sentenza Torreggiani che disciplina il regime detentivo — il 32enne è stato raggiunto dal suo aggressore, un uomo di 33 anni recluso da circa un anno nella Dogaia. Quest’ultimo aveva riscaldato dell’olio bollente e si è introdotto nella stanza di Frumuzache, che a differenza degli altri detenuti era rimasto a letto, subendo così l’aggressione.
Attualmente, Vasile Frumuzache si trova ricoverato nel reparto di pronto soccorso dell’ospedale di Prato, dove sta ricevendo tutte le cure necessarie per le ustioni riportate. Nel comunicato ufficiale, la procura sottolinea come l’aggressione sia avvenuta in un contesto in cui l’aggressore ha potuto agire indisturbato, senza alcun tipo di controllo da parte del personale penitenziario.
La stessa procura ha evidenziato la gravità del fatto, ricordando che ogni persona, anche se accusata o condannata per gravi crimini, ha il diritto fondamentale di essere tutelata, trattata con umanità e rispettata nella sua dignità umana. L’inchiesta proseguirà per accertare le dinamiche dell’aggressione e per valutare se vi siano responsabilità nell’assenza di adeguate misure di sicurezza all’interno della struttura carceraria.